Sindrome del messaggero celeste (SMC)

Disturbo della sfera affettiva ove, nel quadro dell’uso sempre più diffuso, intimo e pervasivo dei telefoni cellulari e dei servizi di messaggistica istantanea che essi veicolano, il soggetto si produca in una fantasticazione affettiva esclusiva con altro soggetto (il «messaggero celeste»), con il quale costruisce una relazione prevalentemente, se non esclusivamente, mediata da messaggi scritti, immaginette e altre amenità, psichicamente modellata sul paradigma dell’«angelo custode», figura della quale il «messaggero celeste» riprende alcune peculiari proprietà eteree come l’ubiquità benigna e la pronta risposta all’evocazione in momenti di spicciola quotidianità, oltre che la disponibilità a raccogliere confessioni intime le più disparate e la rispondenza a una forma di amore incondizionato ma giammai libero di esercitarsi in occasioni concrete di vita materiale.

Esempi di messaggeria celeste

~ La SMC presuppone sempre l’attività di due soggetti, l’orante e il messaggero. Al primo compete l’atto di elezione e il primato dell’input (parte attiva-evocativa), al secondo la risposta incondizionata e l’offerta di protezione psichica a distanza (parte passiva-protettiva). Il quadro sintomatico comporta in genere:

1) la percezione del canale di comunicazione-evocazione (telefono cellulare, computer o altro) come prezioso strumento oracolare;

2) l’interazione con il canale ripetuta e costante nel tempo, con predilezione quasi esclusiva per la comunicazione scritta su quella orale/vocale o de visu;

3) evasività e negazione di ogni tentativo di introdurre elementi di fisicità nel rapporto.

In un rapporto di equivoco partenariato sentimentale, cui la SMC può dare facilmente luogo, orante e messaggero posso trovarsi coinvolti in duri fraintendimenti (vedi l’esempio 4): l’orante intende generalmente il «messaggero celeste» come pura presenza ideale, comunicativamente passiva e implicitamente soggiogata alle proprie cadenze evocative, e, ove il «messaggero celeste» tradisse proattività, magari con l’intento di tradurre lo scambio su un piano tridimensionale e pentasensoriale, ciò potrebbe comportare la sua fatale decadenza dalla funzione provocando un rifiuto o, più frequentemente, il suo rapido abbandono e la sua sostituzione con altro messaggero celeste meno problematico. Il rapporto di messaggeria celeste tende infatti a stabilirsi in cicli autoconclusivi che durano da un minimo di 2-3 settimane a un massimo, nei casi più gravi, di alcuni anni.

La sindrome del messaggero celeste riprende, in alcune sue fondamentali dinamiche relazionali, il vecchio «rapporto di penna», col quale condivide l’uso del mezzo della scrittura e la proiezione idealizzante dovuta all’assenza/lontananza dell’interlocutore, ma lo introietta, con esiti imprevisti e con una grammatica espressiva assai più vasta, nella dimensione della quotidianità invasiva dei new media e nello statuto fisicamente alienante che questi comportano, avvicinandosi in tal modo più al rapporto di tipo religioso con una presenza trascendente (santo, angelo custode, amico immaginario) che non a un riflessivo, meditato scambio epistolare.

Non ancora noti i dati epidemiologici né gli effetti a lungo termine sulla psicologia degli affetti.

Categoria Vizi e tipi umani